Con Risoluzione n. 3/DF del 20 luglio 2023, il Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai criteri per l’applicazione del Canone Unico patrimoniale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti della Legge n. 160/2019. In particolare, il MEF si è soffermato sull'applicazione del canone in caso di diffusione di messaggi pubblicitari.
Con la Legge di Bilancio 2020 (art.1, commi da 816 a 847, Legge n. 160/2019) è stato introdotto “il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione di spazi pubblici o esposizione pubblicitaria”, che ha sostituito – dal 1° gennaio 2021 – i seguenti prelievi locali: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP) e il canone per l’occupazione del suolo stradale.
La disciplina del nuovo “canone unico” trova completa attuazione nei regolamenti da adottati dal consiglio comunale o provinciale (art. 1, comma 821, della Legge di Bilancio 2020).
Il nuovo “canone unico”, unificando prelievi locali di diversa natura giuridica (canone patrimoniale o entrata tributaria) ed aventi diversi presupposti impositivi (occupazione di suolo pubblico, diffusione di messaggi pubblicitari sul territorio comunale), realizza, di fatto, una parziale riforma della fiscalità locale. Merita sottolineare che un analogo progetto era contenuto nell’ambito della riforma sul Federalismo fiscale municipale (art. 11 del Dlgs n. 23 del 2011) in cui si prevedeva l’introduzione di una imposta municipale secondaria (IMUS) in sostituzione dei tributi locali differenti dall’imposta municipale propria (IMU): tale disposizione era stata successivamente abrogata nel 2015 proprio per le difficoltà di darne concreta attuazione.
Con la Risoluzione n. 3/DF del 20 luglio 2023, il MEF ha chiarito alcuni aspetti applicativi circa i criteri per l’applicazione del canone unico patrimoniale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti in caso di diffusione di messaggi pubblicitari. Anzitutto, il MEF ha ricordato che uno dei presupposti del Canone Unico, a norma dell’art. 1, comma 819, lett. b) della Legge n. 160 del 2019, riguarda la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all’esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato.
Con riferimento alla possibilità di escludere, nella determinazione del canone, le parti del mezzo pubblicitario che non hanno una diretta correlazione con la diffusione del messaggio pubblicitario, quali, ad esempio, cornici, supporti di sostegno ed eventuali elementi decorativi, che non posseggono alcuna funzione pubblicitaria, viene chiarito che sono esclusi dal canone gli elementi che non posseggono alcun effetto pubblicitario. Considerare, infatti, come superficie da assoggettare al canone quella di strutture che hanno la funzione di mero supporto strumentale appare contrario allo spirito del citato comma 819, lett. b), poiché, essendo tali strutture prive di qualsiasi finalità pubblicitaria si pongono al di fuori del campo di applicazione del CUP.
Le stesse considerazioni appena esposte valgono anche per quanto riguarda i casi in cui per la diffusione di un messaggio pubblicitario vengono utilizzati oggetti o strutture che non costituiscono mezzi pubblicitari veri e propri, come gli impianti pubblicitari di servizio di cui all’art. 47, comma 7, del d.P.R. 495/1992. Il comma 7 del citato art. 47, infatti, dispone che «Si definisce “impianto pubblicitario di servizio” qualunque manufatto avente quale scopo primario un servizio di pubblica utilità nell’ambito dell’arredo urbano e stradale (fermate autobus, pensiline, transenne parapedonali, cestini, panchine, orologi, o simili) recante uno spazio pubblicitario che può anche essere luminoso sia per luce diretta che per luce indiretta». Tali impianti, quindi, per loro natura, hanno una destinazione principale diversa, così da non costituire mezzi pubblicitari veri e propri con la conseguenza che la funzione pubblicitaria viene svolta esclusivamente dal messaggio pubblicitario.
Per la determinazione del CUP occorrerà pertanto considerare soltanto la superficie che racchiude il messaggio, restando escluse dall’assoggettamento al canone dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari le eventuali parti della struttura prive di effetti pubblicitari.
Viene precisato, inoltre, che nell’ipotesi in cui l’impianto pubblicitario contenga più messaggi, anche riferiti a soggetti ed aziende diverse, la superficie da assoggettare al CUP è quella dell’intero impianto oggetto della concessione o dell’autorizzazione. Ciò in quanto l’art. 1, comma 825 della Legge n. 160 del 2019 stabilisce genericamente per tutte le forme di pubblicità che il CUP è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario, come sopra delineata, calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi. Nell’ipotesi in cui, invece, i titolari del provvedimento di concessione o di autorizzazione all’installazione dell’impianto sono diversi, il canone va liquidato distintamente, commisurandolo alla superficie del segnale o del gruppo segnaletico che è nella disponibilità di ciascuno di essi.
In caso di pubblicità abusiva, la soggettività passiva deve essere individuata in capo al soggetto pubblicizzato.
La controversa qualificazione giuridica del Canone
Il legislatore ha qualificato la nuova entrata come “canone patrimoniale”, con la conseguenza che - almeno in base al tenore letterale della disposizione - ad esso non dovrebbe riconoscersi natura tributaria bensì, appunto, patrimoniale. Il comma 847, infatti, abroga i Capi I e II del decreto legislativo n. 507 del 1993 (disciplina dell’imposta di pubblicità e di gestione delle pubbliche affissioni), gli articoli 62 e 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 (disciplina di Tosap e Cosap) e ogni altra disposizione in contrasto con le norme vigenti, eliminando la maggior parte delle entrate locali di natura tributaria e sostituendole con il canone unico. Nonostante la definizione unitaria del canone, esso si fonda, ai sensi dell’art. 1, comma 819, L. 160/2019, su due distinti (e alternativi) presupposti: a) l'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico; oppure b) la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati sia su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, sia su beni privati. Da cui ne deriva una evidente controversia interpretativa circa la natura del canone stesso, fino all'esatta individuazione della giudice competente (giudice ordinario ovvero tributario).
In senso conforme alla qualificazione del canone quale entrata patrimoniale (sottoposto, pertanto, al giudice ordinario), si veda TAR Torino, Sentenza n. 553/2022.