Il Consiglio di Stato, con Sentenza n. 6266 del 15/06/2023, ha sancito l'illegittimità della previsione regolamentare TARI che limita l'esenzione ai soli magazzini di materie prime o merci con esclusione di quelli relativi a prodotti finiti e semilavorati.
Il Consiglio di Stato è stato di recente investito sull'annosa questione della tassazione TARI dei locali degli stabilimenti industriali.
In particolare, una società industriale operante nel settore cartario, impugnando una pronuncia del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con cui era stata confermata la legittimità del regolamento comunale TARI che esonerava dal prelievo Tari (in conformità alle previsioni di legge), le sole parti dei locali industriali produttive di rifiuti speciali appositamente trattati dal produttore, previa relativa attestazione, assoggettando - viceversa - al prelievo le sole parti delle superfici industriali in cui fossero prodotti rifiuti urbani, non anche speciali, ricorreva al Consiglio di Stato per l'illegittimità della tassazione TARI sui capannoni e magazzini industriali, nonché sulle aree di superfici industriali, in quanto - a detta della ricorrente - tutte produttive di rifiuti speciali e perciò sottratte ex lege al prelievo TARI.
Il Consiglio di Stato, dopo aver ripercorso l'iter normativo in materia di tassazione TARI sugli stabilimenti industriali, recentemente riformato dal D.lgs. n. 116/2020 e disciplinato anche dalla Circolare del Ministero della Transizione ecologica n. 37529 del 12 aprile 2021 (con la quale, fra l'altro, è stata chiarita l’esclusione dai prelievi sui rifiuti delle superfici dove avviene la lavorazione industriale, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile), ha confermato la legittimità delle previsioni regolamentari in materia di tassazione dei locali produttivi di rifiuti speciali, dichiarando, tuttavia, l'illegittimità della previsione regolamentare con cui l'Ente limitava l'esonero dal prelievo ai soli magazzini destinati a deposito delle materie prime e non anche di quelli funzionali allo stoccaggio di semilavorati e prodotti finiti.
Si ricorda che sia la questione dell'applicazione della quota fissa della tariffa sulle superfici industriali, sia la tassazione delle aree adibite a deposito, funzionalmente ed esclusivamente legate alle superfici di lavorazione ove si formano prevalentemente rifiuti speciali (art. 1, comma 649, Legge n. 147/2013), sono due delle molteplici questioni che negli ultimi anni sono state oggetto di numerose pronunce (anche fra loro contrastanti) della giurisprudenza, anche di legittimità (fra le tante: Corte di Cassazione, Ordinanza n. 23137/2023 e n. 5578/2023, TAR Veneto, Sentenza n. 1504/2022).
Con riferimento alla tassazione TARI nell’ambito della gestione dell’attività produttiva-industriale, la prevalente giurisprudenza amministrativa concorda per il mantenimento della differenziazione fra rifiuti industriali e rifiuti urbani, ritenendo non configurabile una “attrazione” di tutti i rifiuti prodotti in tale ambito ad una unica categoria, quella, appunto, industriale. Anche nell’ambito industriale vanno pertanto distinti, per natura, i rifiuti “speciali” e quelli “urbani” e nei primi devono includersi tutti quelli industriali, sia in quanto propriamente tali, sia perché direttamente e strettamente connessi. Diversamente, con riferimento ad altre superfici e aree, quali spazi destinati a mense, uffici, servizi ad essi funzionalmente connessi, dedicati allo svolgimento di attività “non industriali”, che producano rifiuti che, per loro natura e tipologia, risultino oggettivamente analoghi ai rifiuti urbani, dovrà concludersi che detti rifiuti debbano rientrare a pieno titolo nella nozione e categoria dei “rifiuti urbani”, per omogeneità sostanziale, con conseguente applicazione del correlato regime giuridico ed economico (TAR Cagliari, sez. II, 21 dicembre 2021, n. 893).
Pertanto, i magazzini di stoccaggio, sia quelli utilizzati per le materie prime e le scorte, sia quelli per i prodotti finiti, nonché le aree strettamente collegate funzionalmente all’attività imprenditoriale, devono essere considerate superfici strettamente connesse al “ciclo produttivo”, con riconoscimento di produzione di rifiuti (solo) industriali; proprio per tale ragione, in quanto aree strettamente e oggettivamente connesse alla produzione, sono soggette al regime giuridico proprio dell’attività principale alla quale ineriscono, con la conseguenza che non possono essere incluse nel concetto di “rifiuti urbani”.