La Corte dei Conti della Campania, argomentando e richiamando principi costituzionali e precedenti giurisprudenziali, respinge la richiesta di parere ex art. 7, comma 8 della L. n. 131/2003 formulata da un Sindaco per verificare la possibilità per l'Ente di deliberare, "in via del tutto eccezionale", il pagamento dilazionato degli importi dovuti dai contribuenti per il periodo di imposta dal 2018 al 2021 a titolo di IMU e TASI con rinuncia a sanzioni e interessi, "tenuto conto dello stato di emergenza economica ancora in atto e della possibilità di poter configurare la crisi pandemica da COVID-19 e le sue conseguenze come “causa di forza maggiore” e quindi causa di non punibilità ai sensi dell’art. 6 n. 5 del D.Lg.vo n.472/97".
La transazione fiscale, disciplinata dall’art. 182 ter della legge fallimentare, è stata introdotta nel nostro ordinamento a seguito della riforma delle procedure concorsuali attuata con il D.Lgs. n. 5 del 2006 e la sua disciplina ha subito una serie di successivi interventi integrativi e modificativi ad opera del D.Lgs. n. 169 del 2007, del D.L. n. 185/2008 e, da ultimo, del D.L. n. 78/2010.
L’istituto trova un precedente nella c.d. “transazione dei ruoli”, disciplinata dall’art. 3, comma 3, del D.L. 138/2002, convertito nella L. n. 178/2002, che poteva essere attuata dopo l’inizio dell’esecuzione coattiva, per i tributi iscritti a ruolo, il cui gettito era di esclusiva spettanza dello Stato. La transazione, in questo caso, poteva essere disposta nelle ipotesi di accertata maggiore economicità e proficuità della stessa rispetto alle attività di riscossione coattiva, quando nel corso della procedura esecutiva fosse emersa l’insolvenza del debitore o questi fosse risultato assoggettato a procedure concorsuali. La “transazione dei ruoli” è stata abrogata con la riforma delle procedure concorsuali,
a seguito della quale, nell’impianto normativo della legge fallimentare, all’art. 182 ter, è stata inserita la transazione fiscale.
La transazione fiscale, come oggi configurata dall’art. 182 ter delle L.F., può trovare applicazione per i tributi amministrati dalle agenzie fiscali e relativi accessori, ad eccezione di quelli costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, nonché per i contributi amministrati dagli enti di previdenza e assistenza obbligatori e relativi accessori.
Ne rimangono esclusi, per espressa previsione di legge, l’IVA e i crediti fiscali derivanti da ritenute alla fonte operate e non versate, per i quali, tuttavia, può essere richiesta la
dilazione nel pagamento e la falcidia di sanzioni e interessi.
La questione dell'applicabilità dell'istituto della transazione fiscale ai tributi locali è tornata alla ribalta alla luce degli effetti prodotti dalla pandemia da Covid-19.
Fino ad oggi, le diverse richieste avanzate dagli enti locali hanno sempre trovato una certa chiusura interpretativa da parte della giurisprudenza contabile (fra tutte: Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, n. 140/2018; Corte dei Conti, Sez. controllo Abruzzo, n. 343/2021; Corte dei Conti, Sez. controllo Toscana, n. 40/2021; Corte dei Conti, Sez. controllo Umbria, n. 64/2022); la magistratura contabile ha sempre sostenuto che, “al di là del principio di indisponibilità dei crediti tributari deve ritenersi, in definitiva, che tutte le entrate, anche quelle di natura patrimoniale ed extratributarie … siano finalizzate al soddisfacimento dei bisogni pubblici e come tali possono diventare oggetto di atti di disposizione da parte delle amministrazioni titolari soltanto in presenza di interesse pubblico, concreto attuale” (Corte Conti, sez. giur. Centrale d’Appello, 12 marzo 2019, n. 78, cit.)", aprendo, tuttavia, ad ipotesi di accordi transattivi dei crediti degli enti locali (non solo fiscali) al di fuori della transazione fiscale, così come previsto per tutti gli altri crediti nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, "quando sia riscontrata la congruità in concreto e la ragionevolezza dell’accordo.".
Nel solco dei precedenti giurisprudenziali, la Corte dei Conti Sez. controllo della Campania, con Deliberazione n. 230/2023, in risposta alla richiesta di parere di un Sindaco che chiedeva la possibilità di deliberare, in via del tutto eccezionale, il pagamento dilazionato degli importi dovuti dai contribuenti per il periodo di imposta dal 2018 al 2021 a titolo di IMU e TASI con rinuncia a sanzioni e interessi, tenuto conto dello stato di emergenza economica ancora in atto e della possibilità di poter configurare la crisi pandemica da COVID-19 e le sue conseguenze come “causa di forza maggiore” e quindi "causa di non punibilità ai sensi dell’art. 6, n. 5 del D.Lgs. n. 472/97, alla luce dell’interpretazione fornita da giurisprudenza di merito (CTP Lecce Sez. I, n. 762/2021 del 27/4/2021) sulla scorta dell’orientamento di parte della giurisprudenza di legittimità (Corte di Cass. Sez. V, n. 8175 del 22/03/2019 n.15415 del 3/06/2021) nonché della definizione elaborata dall’Agenzia delle Entrate (Circolare 8/E/2020 risposta 1.7) e dal MEF (Circolare n.180/1998)”, ha confermato la granitica impostazione dell'indisponibilità dell'obbligazione tributaria vietando all’amministrazione di disporre, con proprio regolamento, agevolazioni ed esenzioni non previste dalla legge, fra cui pure riduzioni dell’ammontare del tributo a fronte di specifici provvedimenti transattivi.
A parere della Corte la potestà tributaria è una potestà vincolata, e, come tale, non discrezionale che si basa su un vincolo giuridico di diritto pubblico tra il contribuente (titolare di una situazione giuridica soggettiva passiva) e l’ente impositore (titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva) che sorge al verificarsi del presupposto previsto dalla legge che istituisce il tributo, laddove le sanzioni tributarie costituiscono la reazione dell’ordinamento in caso di mancato rispetto dell’obbligo imposto.
Il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria si fonda sull’articolo 23 della Costituzione, secondo il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge; pertanto, lo Stato e gli altri enti pubblici che operano quali enti impositori non hanno facoltà di rinunciare a tributi o di accordare ai singoli esenzioni o agevolazioni non previste dalla legge. Tale principio è derogabile, nel nostro ordinamento, soltanto in forza di disposizioni di legge eccezionali (come tali da interpretarsi restrittivamente) che, nel rispetto del principio di legalità e operando un bilanciamento fra esigenze contrastanti, sacrificano gli interessi tutelati dagli articoli 53 e 97 della Costituzione, in favore di altri interessi, costituzionalmente garantiti, di rango pari o superiore. Al pari delle norme impositive, anche le norme di agevolazione tributaria sono sottoposte alla riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost., in quanto realizzano un’integrazione degli elementi essenziali del tributo (Corte Cost. sent. n. 123 del 2010). Ne consegue che i profili fondamentali della disciplina agevolativa devono essere regolati direttamente dalla fonte primaria.
Anche il riferimento alla situazione "eccezionale" conseguente agli effetti dalla pandemia da Covid-19 non scalfisce l'impostazione della Corte, la quale, dopo aver richiamato i numerosi interventi legislativi di favore adottati in epoca Covid (fra tutti il D.L. 18/2020 - Cura Italia - e il D.L. 73/2021 - Sostegni bis -), si sofferma sulla Risoluzione MEF n. 5/DF dell'8.6.2020 con la quale, oltre a confermare che la quota IMU riservata allo Stato è sottratta alla disponibilità dei Comuni, furono fornite numerose indicazioni e risposte utili agli enti in merito alla potestà regolamentare sancita dall'art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997. Il MEF in quella sede, pur ricordando l'autonomia regolamentare dell’ente locale in materia di riscossione, compresa la facoltà di disporre il differimento dei termini di versamento, ricordò che la potestà regolamentare dei comuni e delle province trova un limite invalicabile solo nelle materie costituzionalmente coperte da riserva di legge (sanzioni, procedure contenziose, casi di prelievo obbligatorio non attribuito alla fiscalità locale), ragion per cui “limitatamente alla quota Comune, nonché alla quota Stato in sede di accertamento, non sembra prospettabile la possibilità da parte del Comune di rinunciare integralmente alle sanzioni, poiché sono coperte dalla riserva di legge come statuito nella richiamata ordinanza del Consiglio di Stato n. 4989 del 2001”.