Con l’entrata in vigore della prima parte del Codice della Crisi di Impresa dell’Insolvenza (CCII), avvenuta nel 2019, sono state introdotte nell’ordinamento delle modifiche al Codice Civile che stanno cominciando a produrre i loro effetti. Tra queste, vi è la novella dell’art 2476 c.c. il quale è stato riformulato con l’inserimento del comma sesto e quindi con la previsione di una responsabilità diretta degli amministratori della società nei confronti dei creditori sociali per quanto attiene alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
Nello specifico, il sesto comma del novellato art. 2476 recita: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali”.
La novella legislativa tuttavia, produce, in via indiretta, i suoi effetti anche sul comma ottavo del citato art 2476 c.c., il quale prevede che: “Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi”. Vi è quindi, in altri termini, una potenziale estensione delle ipotesi in cui i soci sono direttamente responsabili per vicende inerenti alla società in deroga al generale principio per cui nella società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio (art 2462 comma primo c.c.).
Tale responsabilità solidale appare di particolare rilievo alla luce della modifica introdotta all’art. 2486 c.c., il quale individua chiaramente l’entità della responsabilità gravante in capo agli amministratori i quali, al verificarsi di una delle cause di scioglimento della società, non hanno agito al fine di conservare l’integrità del patrimonio sociale.
In questa ipotesi infatti, “il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.
La giurisprudenza di merito ha iniziato a valutare le novità introdotte dal Codice della Crisi con un orientamento che appare indirizzato verso una lettura rigorosa degli obblighi normativi sopra richiamati arrivando ad estendere (e questo è un elemento di novità rispetto al passato) i profili di responsabilità anche nei confronti dei soci che hanno avvallato la condotta illecita degli amministratori (Tribunale di Venezia, Ordinanza del 22/01/2023; Tribunale di Torino, Sentenza n. 1450/2020).
Tale impostazione, ove trovasse conferma presso la giurisprudenza di legittimità, dovrà essere attentamente valutata anche da parte degli enti locali che potrebbero avere maggiori tutele di garanzia per il recupero dei crediti maturati nei confronti di aziende dichiarate insolventi all'apertura della liquidazione giudiziale.